Cave: sì a maggioranza alle nuove disposizioni
Il testo unificato che introduce modifiche alle leggi regionali 35/2015 e 69/2011 approvato con il voto favorevole di Pd, Italia viva e Gruppo misto-Alleanza verdi e sinistra e il voto contrario di FdI e Lega
Firenze – Il Consiglio regionale della Toscana ha approvato a maggioranza nuove disposizioni in materia di cave e di servizio idrico integrato, che introducono modifiche alle leggi regionali 35/2015 e 69/2011. L’atto è passato con il voto favorevole di Partito democratico, Italia viva e Gruppo misto-Alleanza verdi e sinistra; contrari Fratelli d’Italia e Lega.
La nuova legge è arrivata al voto dell’Aula nel testo che ha unificato due distinte proposte di legge di iniziativa della Giunta regionale, apportanti modifiche alla legge 35 del 2015 di disciplina delle attività estrattive, come ha spiegato la presidente della commissione Ambiente e territorio, Lucia De Robertis (Pd). “L’accorpamento è stato deciso dalle commissioni considerando l’opportunità di ricondurre in un contesto due modifiche alla medesima legge, ancorché disciplinanti aspetti diversi. La prima proposta di modifica assegnata (ex pdl 311), rinvenibile nel capo due del testo unificato, introduce disposizioni a tutela delle acque, al fine di rendere più sostenibili gli impatti delle attività estrattive. Disposizioni che perseguono la tutela dei punti di prelievo di acque superficiali e sotterranee, da sottoporre a potabilizzazione, del servizio idrico integrato, riconoscendo come sussistano oggettivi maggiori oneri a suo carico per il processo di potabilizzazione delle acque specialmente pesanti nel distretto apuo-versiliese”. Pertanto, ha proseguito la presidente, “sulla base del principio ‘chi inquina paga’, la proposta di legge vincola una quota del ricavato dalle tasse di concessione per l’estrazione alla copertura delle spese sostenute per i maggiori oneri che sopportano i gestori del Servizi Idrico Integrato per la suddetta attività di potabilizzazione. Vengono inoltre precisati meglio i contenuti prescrittivi a tutela dell’ambiente da inserire negli atti autorizzativi dell’attività estrattiva”.
La seconda proposta di modifica assegnata (ex pdl 317), rinvenibile nel capo tre dell’atto approvato, “riguarda lo svolgimento di attività estrattiva autorizzata nei comprensori che abbiano già superato, per volumi di escavazione autorizzati antecedentemente all’adozione del Piano regionale cave, gli obiettivi di produzione sostenibile. Essa riprende in legge una previsione contenuta nel paino medesimo prevedendo la possibilità che, nei medesimi giacimenti e coi medesimi limiti di volumi escavabili riconosciuti nell’autorizzazione rilasciata prima dell’adozione del piano, sia possibile, adeguando gli strumenti pianificatori ed urbanistici comunali, individuare una nuova area estrattiva”.
Lucia De Robertis ha ricordato che “nel corso dei lavori delle commissioni il gruppo del Partito Democratico ha presentato alcuni emendamenti, confluiti in quello che nel testo unificato costituisce il capo uno, riproponenti i contenuti della proposta di legge 270, con alcune modifiche conseguenti al parere rilasciato dal Consiglio delle Autonomie Locali su quella proposta di legge. Si tratta di emendamenti relativi all’estensione dell’obbligo della lavorazione in loco del cinquanta per cento del materiale lapideo ornamentale escavato e di disposizioni atte a favorire l’impiego del materiale detritico depositato all’interno dei siti estrattivi, in deroga ai limiti di produzione sostenibile solo quando siano soddisfatte specifiche condizioni: che l’utilizzo sia effettuato entro il 31 dicembre 2027, e che esso sia funzionale alla realizzazione di opere pubbliche o di pubblica utilità”.
Nel dettaglio, il primo emendamento introduce una correzione materiale; il secondo semplifica disposizioni introdotte relative all’autorizzazione esercizio attività estrattive nei siti in cui non sono presenti beni appartenenti al patrimonio indisponibile del Comune: si prevede un piano di utilizzo dei materiali che attesti l’impegno ad avvalersi del sistema produttivo locale per la lavorazione di almeno il 50 per cento del materiale da taglio complessivamente estratto; l’autorizzazione contiene le prescrizioni per assicurare il rispetto dell’impegno previsto; il terzo emendamento differisce di 10 anni l’efficacia previsioni concernenti siti estrattivi in cui non sono presenti beni appartenenti al patrimonio indisponibile del Comune e quelli in cui il patrimonio del Comune non è prevalente, “al fine di consentire tempo congruo adeguamento modalità alle nuove previsione e favorire transizione graduale”, ha spiegato la presidente.
Secondo il portavoce dell’opposizione Alessandro Capecchi (Fratelli d’Italia), che è anche vicepresidente della commissione Ambiente, “gli emendamenti pongono alcuni problemi: il primo è politico, l’imposizione del 50 per cento per la filiera locale era oggetto di una proposta di legge poi ritirata e ricompare adesso. Imporre il vincolo e obbligare un’attività economica a veicolare in questo modo la propria attività, secondo noi va fortemente in contrasto con il principio della libera concorrenza. C’è anche un problema di sostenibilità, il sistema locale non sarebbe certamente in grado di prendere in carico il 50 per cento. Con la dilazione di dieci anni – ha proseguito Capecchi –, le aziende cosa fanno? Una verifica tecnica, prendendosi un po’ di tempo, garantirebbe tutti. L’emendamento presentato all’ultimo minuto ricorda una vicenda che ci ha portato a cancellare in tutta fretta un emendamento introdotto all’ultimo secondo. Anche in questo caso, ci pare evidente che non sia stata meditata fino in fondo la portata del provvedimento”.
Valentina Mercanti (Pd) ha invitato i colleghi dell’opposizione a “non gettare discredito su un lavoro serio, non presentato all’ultimo minuto, ma frutto di mesi di elaborazione da parte dei presidenti delle commissioni e del nostro capogruppo. Io e il consigliere Puppa li abbiamo sottoscritti proprio per questo. Non sono stati fatti favori a chissà chi. Il settore vale un miliardo e duecento milioni di euro, giusto cercare equilibrio tra sviluppo economico e tutela ambientale”.
Massimiliano Baldini (Lega) ha ricordato che “il nostro gruppo aveva sollevato dubbi di ordine giuridico con riferimento alla questione della filiera al 50 per cento: dubbi di violazione degli articoli 3, 41 e 117 della Costituzione, per disparità di trattamento e libera concorrenza. L’area apuo-versiliese risente di un approccio dovuto a questioni di ordine politico – ha affermato Baldini –, le attività e le imprese risentono di un’aggressione politica da parte delle aree ambientaliste. Il centrosinistra ha su questo le sue problematiche, e cerca una quadratura del cerchio. Maggiore riflessione avrebbe potuto produrre un risultato migliore. Anche noi riteniamo che manchi la prova che l’attuale gettito del contributo fosse insufficiente, riteniamo l’aumento del contributo assolutamente ingiustificato. La necessità di introdurre deroghe dimostra che gli strumenti della pianificazione sono inadeguati. Gli emendamenti introdotti – ha concluso – hanno cambiato il quadro”.
Il capogruppo del Partito democratico Vincenzo Ceccarelli ha ripercorso l’iter del provvedimento e ne ha spiegato le finalità: “La proposta di legge depositata il 4 agosto 2024, lungo periodo di confronti, discussione in commissione, poi ritirata per garbo istituzionale, a fronte della presentazione di una proposta di legge della Giunta. La filiera corta ha l’obiettivo di aumentare la lavorazione in loco. Ci siamo posti l’obiettivo di ricreare omogeneità di trattamento. Il combinato disposto Piano paesaggistico e legge 35 hanno creato spinta verso la tutela ambiente e la lavorazione in loco. Gli emendamenti, nel lungo iter di costruzione della legge, seguono questa ratio, perché fossero fatte salve le convenzioni. Non facciamo favori alle imprese. Il posticipo permette di dare il tempo per adeguarsi. Vedremo se questa legge resisterà ai dubbi di costituzionalità”.
Il presidente della commissione Sviluppo economico e rurale, Gianni Anselmi (Pd) ha osservato che “o si pone una questione formale, oppure si affrontano gli emendamenti per quello che sono. Riguardano una procedura di rispetto alla filiera. Esprimiamo una visione di politica industriale”.
“Voteremo a favore – ha annunciato Maurizio Sguanci (Italia viva) –, segnalando tuttavia che India e Cina sono i maggiori importatori del nostro marmo insieme agli Emirati Arabi. Giusto domandarsi se il rischio di costi più alti possa avere un impatto su quei mercati”.
Prima della votazione, il presidente del Consiglio, Antonio Mazzeo (Pd) ha chiarito che “riguardo a un emendamento presentato pochi minuti prima, il regolamento è chiaro: si può presentare anche senza il parere degli uffici” e ha quindi ritenuto corretto procedere alla votazione del provvedimento e degli emendamenti presentati.




