Scuola: no al ridimensionamento degli istituti
Il Consiglio regionale ha approvato una mozione del Partito democratico che impegna l’esecutivo regionale ad attivarsi affinché vengano superate le disposizioni di legge in materia di autonomia scolastica e di ridimensionamento degli istituti
di Paola Scuffi
Firenze – L’aula di palazzo del Pegaso ha approvato a maggioranza (con 21 voti a favore e 7 contrari) una mozione del Partito democratico, primo firmatario Marco Niccolai, sulla nuova organizzazione scolastica e sul ridimensionamento del numero degli istituti scolastici.
L’atto ricorda come, a seguito dell’approvazione della legge di Bilancio 2023, siano stati modificati i parametri minimi per il mantenimento dell’autonomia scolastica dei singoli istituti, passando dai precedenti 500 agli attuali 900/1000 alunni; e che per effetto di queste novità gli istituti scolastici sottodimensionati, rispetto ai nuovi parametri, dovranno essere progressivamente accorpati a partire dall’anno scolastico 2024-2025, per raggiungere i nuovi standard numerici.
La mozione rileva come il taglio di organico programmato potrebbe interessare oltre 600 istituzioni scolastiche oggi operative, dimezzandone il numero dei dirigenti scolastici e che questa riorganizzazione potrebbe provocare la scomparsa di un numero significativo di istituti.
Nello specifico, per quanto riguarda la Regione Toscana, da alcune proiezioni pubblicate dalla stampa, si tratterebbe di una riduzione di ben 21 istituzioni scolastiche. Questo depauperamento sarebbe maggiormente impattante nelle aree interne e più disagiate del nostro territorio, di fatto vanificando la politica che la Regione Toscana ha portato avanti negli ultimi anni in ordine alla salvaguardia dei servizi essenziali, all’abbattimento delle disuguaglianze territoriali, e al contrasto dello spopolamento delle zone interne.
Da qui l’impegno rivolto alla Giunta regionale – dando atto che lo scorso 13 febbraio l’esecutivo ha espresso la propria contrarietà verso questa scelta del Governo, deliberando l’impugnazione alla Corte Costituzionale della disposizione di legge in oggetto – di attivarsi in sede di Conferenza Stato-Regioni affinché, nel rispetto delle competenze regionali, vengano superate le disposizioni di legge in materia ai autonomia scolastica e di ridimensionamento degli istituti, che produrrebbero effetti negativi sulla totalità dei comuni interessati dalla riorganizzazione, generando un ulteriore impoverimento dei servizi presenti nei territori delle aree interne, periferiche, rurali, insulari e montane della Toscana.
Cristina Giachi (Pd), illustrando l’atto in Aula, ha ricordato come sia nato dalla previsione di ridimensionamento degli istituti scolastici, penalizzando le aree interne e le zone montane della regione. La Toscana si è poi mossa da un lato impugnando la legge davanti alla Corte Costituzionale, dall’altro attivandosi per superare le stesse disposizioni di legge.
Luciana Bartolini (Lega), partendo dal calo della popolazione scolastica, ha sottolineato che la legge si propone di mitigare gli effetti della normativa precedente e di rispettare le direttive europee. Inoltre, per la Regione Toscana l’applicazione della norma non porterebbe ad una riduzione delle scuole. Da qui l’annuncio del voto contrario del gruppo Lega.
Marco Niccolai (Pd) ha invece ribadito che la scelta del Governo provocherà “effetti devastanti” sulle aree marginali, “con presidi che dovranno saltellare da una scuola all’altra”. Il consigliere ha chiuso il proprio intervento auspicando che tante più regioni si uniscano nella impugnazione della legge alla Corte.
Mario Puppa (Pd) invitando ad “essere obiettivi fino in fondo”, ha ricordato le due cose che hanno visto unita l’Aula: le aree intere e la difesa del sistema scolastico. “Stoppiamo insieme il provvedimento e cerchiamo di farlo in maniera unita”, ha sottolineato.
Vincenzo Ceccarelli (Pd) non crede che accadrà quanto affermato dalla consigliera Bartolini, inoltre, al di là del numero degli Istituti: “in Casentino non ci sarà una scuola che avrà un preside, così come in Val di Chiana, occorre una deroga per le aree montane e interne”.