28 Ottobre 2025

Convegni: il punto sulla salute mentale in carcere

Presentata la ricerca dopo il superamento degli Opg. Il Garante regionale dei diritti dei detenuti Giuseppe Fanfani: “Urgente intervenire sul sovraffollamento e sull’isolamento esterno, per rendere possibile immaginare un futuro fuori dal carcere, attraverso un supporto sociale precedente e successivo”

Comunicato stampa n. 1001
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Firenze‘La mente incarcerata’ questo il titolo del convegno, svoltosi a palazzo Bastogi, per presentare la ricerca sulla salute mentale in carcere dopo il superamento degli Opg, promossa dalla Società della Ragione e dall’Ufficio del Garante dei diritti dei detenuti della Regione Toscana, con il sostegno dell’Otto per Mille della Chiesa Valdese.

Come sottolineato dal Garante dei diritti dei detenuti della Regione, Giuseppe Fanfani, che ha presieduto i lavori, “spesso chi entra in carcere con problemi psichiatrici difficilmente esce dall’Istituto penitenziario, oppresso dal sovraffollamento, dall’isolamento esterno, da condizioni precarie che rendono impossibile immaginare un futuro”. “Chi ha la ventura di guardare dentro le celle si imbatte inevitabilmente in volti che raccontano un desiderio di umanità deluso – ha continuato – cercare di dare loro una risposta ci chiama a offrire un supporto sociale precedente e successivo, perché il carcere non può supplire alla carenza del sociale”. Da qui la necessità di investire nell’assistenza, nella riabilitazione, nel contatto con il mondo che sta fuori, come emerge dalla ricerca, che indaga le condizioni della salute mentale nelle carceri a dieci anni dalla chiusura degli Ospedali psichiatrici giudiziari (Opg), restituendo testimonianze e criticità di un sistema che fatica ancora a garantire presa in carico, continuità terapeutica e diritti delle persone detenute con disturbi psichici. Dopo la chiusura degli Opg, che funzionavano come una sorta di “discarica carceraria”, è urgente ripensare la tutela della salute mentale e l’assistenza psichiatrica in carcere, offrendo un quadro di conoscenza a livello nazionale circa l’organizzazione delle attività preventive e curative in carcere in carico ai dipartimenti di Salute mentale; la ricerca ha focalizzato l’attenzione su tre carceri – Prato, Udine, Rebibbia – scelti per le diverse caratteristiche, guardando in particolare ad una rete di attori istituzionali chiave (Magistratura, dipartimento di Salute mentale, comunità terapeutiche, ufficio esecuzione penale esterna, Asl e servizi sociali territoriali) e di rappresentanti delle comunità territoriali, per evitare che l’assistenza non pesi unicamente sul nucleo familiare di origine, ma anche sul sostegno delle agenzie territoriali socioassistenziali.

La realtà carceraria è caratterizzata da sovraffollamento, da inoccupazione come fattore di rischio della salute, da risorse carenti, sia finanziarie che di organico, da una emergenza psichiatrica percepita, che è maggiore di quella effettiva. In tale contesto che cos’è la salute mentale in carcere?

Per le persone straniere, non regolari, il carcere assume i connotati di un centro per il rimpatrio, mentre per gli altri, sul fronte della sinergia con il territorio, l’ottica educativa e il reinserimento territoriale sono promossi e sostenuti dal comparto volontariato e terzo settore, e dall’area salute.

Il convegno è iniziato con i saluti di Giulia Melani, presidente della Società della Ragione, mentre la ricerca è stata presentata da Riccardo Girolimetto, ricercatore per la Società della Ragione; Katia Poneti, ricercatrice per l’Ufficio del Garante dei diritti dei detenuti della Regione Toscana e Camillo Donati, psicologo di Comunità per LabCom.

Come ribadito da Girolimetto, “i diritti della salute mentale non sempre sono garantiti, soprattutto per le persone straniere, e la traiettoria carceraria per i detenuti è relativa: ad Udine è attiva una equipe di salute mentale multidisciplinare, in Toscana il sovraffollamento e la carenza di organico si traduce anche in spazi contesi tra professionisti”.

Per Poneti “il quadro è complesso e la salute mentale finisce per scontrarsi anche con la mancanza di dati a livello nazionale e di indicatori condivisi: non sempre coincidono le definizioni di ‘cura’ e ‘presa in carico’; il malessere all’interno delle carceri finisce per esprimersi in atti di autolesionismo”. Come intervenire? Sicuramente partendo da interventi strutturali, ma anche prendendo in carico i singoli “per rendere reale la speranza di una vita fuori dal carcere”.

Nel corso dei lavori sono intervenuti Luca Cicerelli, direttore della Casa circondariale di Prato; Elisabetta Marasco, responsabile salute mentale in carcere; Margherita Michelini, Garante del Comune di Prato; Franco Corleone, presidente onorario Società della Ragione (in collegamento); Emilio Santoro, professore ordinario Filosofia del diritto, UniFi; Maria Elisabetta Pioli, Giudice dell’Ufficio di sorveglianza di Firenze.

 

Pubblichiamo di seguito il Report sulla ricerca e le slide proiettate nel corso del convegno:

Report Ricerca Salute mentale in carcere

Presentazione-Salute-mentale-in-carcere

 

 

Le dichiarazioni in video

La dichiarazione del Garante dei diritti dei detenuti della Toscana, Giusppe Fanfani

 

La dichiarazione di Katia Poneti, ricercatrice ufficio garante detenuti Toscana

 

La dichiarazione di Riccardo Girolimetto, ricercatore Società della Ragione

 

 

La galleria fotografica

 

 

 

 

Responsabilità di contenuti, immagini e aggiornamenti a cura dell’Ufficio Stampa del Consiglio regionale della Toscana